Gli esperti dicono che sia addirittura “altissimo”. E non è poi così difficile a pensarlo, visto che due delle quattro aree scelte per ospitare le antenne saranno proprio nel deserto, in zone ben distanti da qualsiasi presidio residenziale. È il caso questo della stazione di Geraldoton in Australia, ma anche delle installazioni in Virginia, nel cuore degli United States. Invece dai noi in Italia, appunto perché bel paese, le si costruisce ad un passo da casa, stando pure attenti che non lo si sappia troppo in giro. Il silenzio dei governi, ma anche della stampa nazionale, crea uno sconcerto che evidenzia quanto la questione sia di per sé imbarazzante. Ma non vale in questo caso parlare di semplici accordi internazionali che, come per magia, ci vengono calati dall’alto ob torto collo.
Qui è in gioco pure una prassi consolidata. Che, e non se n’è ancora capito il perché, viene giocata dall’Italia in ossequio al criterio del ribasso dei propri interessi particolari. Ricapitoliamo il tutto: ripetita iuvant. Stanno per essere installate delle mega antenne vicino alle nostre case, e non nel bel bezzo di un deserto, come si è ritenuto opportuno fare in Australia e negli stessi Usa. Roba da far saltare dalla sedia chiunque, soprattutto gli intellettuali. Eppure l’allarme per la salute circa l’installazione del Muos è alto da tempo. Rileggere il parere degli esperti aiuta a chiarire la gravità della faccenda. Secondo Massimo Coraddu, ricercatore de Dipartimento di Energetica del Politecnico di Torino: ”Le emissioni della stazioni andrebbero a sommarsi a quelle già presenti, visto che a Niscemi già in passato sono state collocate delle antenne. Sono emissioni molto forti che indubbiamente provocano dei rischi perché chi vi abita vicino, e che subisce un irraggiamento superiore rispetto a quello che un essere umano può subire lontano da là”. L’allarme lanciato da Coraddu ha un nome ben preciso: “Temiamo per le leucemie, che si possono riscontrare nel tempo.
Ci sono effetti sull’ambiente ma anche di interferenze”. La soluzione – ha continuato lo scienziato – è una sola: “Quando non ci sono le condizioni, le stazioni di questo tipo non vanno realizzate. Questo è uno di quei casi in cui le condizioni non ci sono perché le emissioni in quella zona sono già eccessive”. Parole che non ammettono fraintendimenti. Davanti alle quali Mariella Lo Bello, l’assessore alle politiche ambientali della Giunta regionale targata Crocetta, ha risposto: “Con studi e atti vogliamo verificare se il Muos faccia male alla salute, non ci saranno Stati Uniti che tengano”. Ed è giusto che sia così. Anche perché stavolta la partita è giocata su due campi di uguale importanza: il sacrosanto diritto alla salute dei cittadini; ma anche le prerogative di una sovranità politica e territoriale che al momento sembra latitare, e che stranamente però una giunta locale connotata a sinistra vuole tenere alti. Questo mentre dal governo romano si registra però un certo grado d’immobilismo.
Confermato pure dalla proposta tardiva del ministro degli interni Rosanna Cancellieri, riferita poi dalla parlamentare del Pd Marileni Samperi, secondo la quale “il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini interverrà affinché il governo possa affidare a una autorità italiana, super partes, la perizia sulla valutazione degli eventuali rischi per la salute dei cittadini”. Troppi rimbalzi. Nessuno ci vuole mettere la faccia. E se ne capisce pure il chiaro motivo: davanti al Muos, il governo italiano non ha diritto di parola. E non è solo questo il problema. Che senso avrebbe infatti l’utilizzo dell’espressione “super partes” davanti ad una questione di carattere nazionale? Ed inoltre, davanti all’obiettività della ricerca scientifica, chi e cosa sarebbe sub partes? Difficile rispondere. Appunto perché non ci sono risposte, ma neanche argomenti. Una cosa però è certa, riguardo la vicenda Muos l’Italia si ricorda di non aver alcuna politica estera. Ma neanche una chiara leadership interna. Qui però non ci colpano soltanto i “tecnici” o le “signorine” di Berlusconi. Tale vuoto ha un nome chiaro da tempo: l’orgoglio patriottico. E non saranno le potenze straniere a restituircelo.
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Fonte: terrarealtime
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