La sola cosa necessaria affinche' il male trionfi e' che gli uomini buoni non facciano nullaEdmund Burke


giovedì 17 ottobre 2013

Come mai la Airforce USA indaga sugli effetti delle nanoparticelle di alluminio in atmosfera?



L’alluminio è uno degli elementi più diffusi sulla terra sotto forma di composti, tra cui la bauxite come fonte principale. L’uso dell’alluminio oltrepassa quello di tutti gli altri metalli ad eccezione del ferro ed è importante praticamente in ogni settore produttivo. In forma di nanoparticelle o nano-fibre troviamo questo metallo in molti prodotti: cosmetica, tessuti high tech, elettronica, materiali da imballaggio, medicinali, prodotti per l’agricoltura, per l’allevamento e in altro ancora.
“Il nanoparticolato di alluminio altera la funzione immunitaria”, è il titolo di uno studio pubblicato dalla US Airforce. Da dove nasce l’interesse dei militari sugli effetti dei nanoparticolati di alluminio in caso di inalazione? In vari contesti è stato proposto o è già stato effettuato il rilascio in atmosfera di questo tipo di particelle.
1. Possedere il clima. L’esercito americano ha dichiarato l’obiettivo di “possedere il clima” entro il 2025. Nel documento Weather as a Force Multiplier:Owning the Weather in 2025 troviamo un esplicito riferimento alla nanotecnologia come strumento di intervento. Questo approccio prevede la modificazione atmosferica via introduzione di aerosol (nanoparticolato) in nubi, cicloni e correnti. Il brevetto US-Patent 5003186 “Stratospheric Welsbach seeding for reduction of global warming” (1990) parla tra altre sostanze di ossido di alluminio.
2. Chaff. Sono note le estese operazioni chaff o flares (rilascio di fibre di vetro rivestite di alluminio in atmosfera ). Si tratta di meccanismi di difesa utilizzati da aerei militari per evitare il rilevamento e/o di attacco da parte di sistemi di difesa aerea avversari. La dispersione in grande quantità di chaff serve a riflettere i segnali radar e, formando una nube, nascondere temporaneamente velivoli al rilevamento radar.
3. Global warming. Per ovviare alle conseguenze del presunto global warming, si è proposto (in realtà si sta già effettuando da una decina d’anni) di spargere milioni di tonnellate di nanoparticolato di alluminio in stratosfera (Progetto Sun Radiation Management -SRM) con l’intento di termoregolare il pianeta.
 

4. Carburante aereo. I militari dell’Air Force promuovono (e forse già utilizzano) un carburante composto da nanoparticelle di alluminio e acqua ghiacciata, adatto non solo ai razzi e alle navicelle spaziali, ma anche agli aerei civili e militari (vedere qui). L’Air Force Lab presenta in questo VIDEO il suo”New Fuel from Aluminum Nanoparticles”. Aluminium come additivo nel carburante è stato testato addirittura già nel 1958, come mostra questo documento.



Ci sono motivi a sufficienza per poter temere un consistente inquinamento atmosferico con nanoparticolato di alluminio (ed altro), ed un’indagine della Airforce su scelte e operato non può sorprendere, anzi è doveroso.
Lo studio dell’ “Applied Biotechnology Branch” dell’ “Air Force Research Laboratory” (1) presentato in forma sintetica, esamina gli effetti sul tessuto polmonare in caso di inalazione di nanoparticolati di alluminio.


Il nanoparticolato di alluminio altera la funzione immunitaria
Il nanoparticolato di alluminio altera la funzione immunitaria: questo è il titolo dell’articolo scientifico pubblicato nel 2010 dall’Applied Biotechnology Branch, dell’Air Force Research Laboratory.
Così inizia l’articolo del gruppo di ricerca della Air Force che ha esaminato gli effetti dei nanoparticolati di alluminio in un microambiente polmonare simulato:
“La via più probabile di esposizione ai nanoparticolati di alluminio è l’inalazione, dato il loro utilizzo nei carburanti di jet e nelle munizioni.”
Secondo Braydich-Stolle et al., gli studi svolti sulla nano-tossicità sono pochi e molto limitati: nanomateriali diversi in vari modelli cellulari hanno dimostrato un effetto dose-dipendente, ma un limite è che non sono state valutate situazioni realistiche di esposizione umana, che descrivano quali interazioni avvengono dopo esposizione a basse dosi di nanoparticolato.
Tuttavia, proseguono i ricercatori, studi con microparticelle di alluminio hanno mostrato danni polmonari per brevi esposizioni settimanali. Altri studi hanno dimostrato che particelle più piccole (nanometriche) quando inalate si accumulano nei polmoni e la loro eliminazione è ostacolata in caso di esposizione cronica. Sulla base di questi risultati, il gruppo già si aspettava, per la propria ricerca, un certo effetto del nano-particolato di alluminio, molto reattivo e con la capacità di penetrare in profondità negli alveoli polmonari. Inoltre, si afferma che “l’effetto diverrà più pronunciato nel tempo, come risultato di un accumulo nei polmoni”.
Nel corso dello studio, il gruppo ha tenuto come riferimento per i propri test i limiti di esposizione riportati dall’OSHA (Occupational Safety and Health Administration).
La vitalità cellulare è stata verificata ed una lieve tossicità è stata osservata alle dosi più alte, con le cellule fagocitarie più colpite rispetto alle epiteliali. Le cellule fagocitarie (macrofagi) sono cellule immunitarie locali che inglobano materiale estraneo al fine di proteggere le altre cellule. Come era atteso, le cellule immunitarie hanno fornito qualche protezione alla tossicità dei nanoparticolati (NP).
Sono state poi valutate le funzioni immunitarie esponendo il microambiente polmonare ad una concentrazione non tossica di NP, e successivamente infettandolo con il patogeno respiratorio Staphylococcus Aureus.
I test hanno mostrato che la funzione fagocitaria, dopo trattamento con gli NP, si sia ridotta.
Visto il cambiamento nella funzione dei macrofagi alla presenza del patogeno, il gruppo ha effettuato ulteriori indagini sulla normale risposta immunitaria.
Durante le infezioni, le cellule fagocitarie ed epiteliali locali secernono proteine specifiche: chemochine per reclutare cellule immunitarie adattative, e citochine per attivare le cellule reclutate per una risposta più fastidiosa al materiale estraneo. E’ stato scelto di valutare l’impatto che i nano-particolati di alluminio hanno sul sistema NFkB dei macrofagi, che è un regolatore chiave della funzione immunitaria, avendo il controllo della produzione di chemochine e citochine.
In condizioni normali, Staphylococcus Aureus innesca una forte attivazione del sistema NFkB.
Quando invece gli NP di alluminio sono presenti, le cellule immunitarie non sono in grado di attivare il sistema, generando degli effetti a cascata: tutti i meccanismi di attivazione immunitaria sono alterati, reprimendo ogni attivazione alternativa dei macrofagi, diminuendo così la capacità delle cellule immunitarie di combattere l’infezione e lasciando le cellule potenzialmente vulnerabili ai patogeni.
Il destino degli NP di alluminio potrebbe seguire due potenziali percorsi per la tossicità: gli NP potrebbero rimanere nei polmoni, oppure superare le barriere di scambio gassoso e incorporarsi nel circolo sanguigno (avendo poi la possibilità di essere eliminati, nda). In luce del fatto che studi precedenti hanno dimostrato che la rimozione degli NP dai polmoni è difficoltosa, la situazione più probabile è che l’alluminio persista nei polmoni e che continui ad essere inglobato dai macrofagi.
I ricercatori concludono: “Sebbene gli NP non siano particolarmente tossici per le cellule polmonari, essi hanno impoverito la naturale abilità di risposta ad un patogeno respiratorio”.
(1) FONTE : Nanosized aluminium altered immune function

Questo studio prende in esame solo i polmoni, ma è noto alla comunità scientifica che l’alluminio riscontrato a livello cerebrale è frequentemente associato allo sviluppo di malattie neurodegenerative, come Alzheimer, Parkinson e SLA.
Ci auguriamo la pubblicazione di uno studio approfondito in tal senso, da parte della AirForce.
VEDI ANCHE:

Russel L. Blaylock lancia l’allarme circa la geoingegneria già in atto, evidenziando i gravissimi pericoli collegati all’inalazione di nanoalluminio. Blaylock appartiene alla National Health Federation ed è biologo e ricercatore nel campo delle neuroscienze .
Scrive lo scienziato:
“Di particolare interesse è l’effetto di queste nanoparticelle sul cervello e il midollo spinale. Una lista crescente di malattie neuro-degenerative, tra cui la demenza di Alzheimer, il morbo di Parkinson e la malattia di Lou Gehrig (SLA), è fortemente correlata all’esposizione all’alluminio ambientale. [...]
Studi hanno dimostrato che queste particelle passano lungo le reti neuronali olfattive, che collegano direttamente la zona del cervello e che non solo sono le più colpite dalla malattia di Alzheimer, ma anche le prime ad essere colpite nel corso della malattia. Nei casi di Alzheimer hanno anche il livello più alto di alluminio nel cervello.”

 http://www.nogeoingegneria.com/effetti/salute/come-mai-la-airforce-usa-indaga-sugli-effetti-delle-nanoparticelle-di-alluminio-in-atmosfera/

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