ZONA FRANCA INTEGRALE:
Autonomia fiscale della Sardegna, un diritto che va preteso.
Elle Driver
La Sardegna ha compiuto il suo primo passo ufficiale verso il riconoscimento del proprio territorio come zona franca integrale,
come Livigno e Campione d’Italia. Il Consiglio regionale ha infatti
approvato, il 6 novembre, la proposta di legge istitutiva dell’autonomia
fiscale che modifica due articoli dello Statuto dell’isola. Nella legge
si chiede al parlamento di varare il provvedimento di legge
costituzionale che istituisce la zona franca nell’isola, assoggettandola
alle norme dell’Unione europea, alle leggi dello Stato italiano e alle
norme che si applicano ai territori extradoganali. Ora il provvedimento
deve essere approvato dalla Camera e dal Senato. Nella legge è stata
inserita anche la possibilità per la Sardegna di disporre di
agevolazioni, esenzioni e detrazioni d’imposta, anche modificando o
azzerando le aliquote, ed è stato approvato un emendamento che dispone
che la Regione possa accertare e riscuotere i tributi iva, irpef e
accise dopo un’intesa con lo Stato. La tappa finale di questo percorso
sarà l’applicazione a tutta l’isola della zona franca integrale, cioè la
possibilità di esser riconosciuta come territorio escluso dalla linea
doganale per quanto riguarda la legislazione fiscale e doganale, con l’abolizione quindi di iva, accise e dazi.
L’autonomia fiscale è diventata l’unica speranza di sopravvivenza di
un’isola che è allo stremo, con un’economia messa in ginocchio dalla
chiusura delle grande industrie e dai continui licenziamenti, con una perdita totale di oltre 75 mila posti di lavoro.
In Sardegna il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 16,4%, uno dei
dati più alti degli ultimi dieci anni e si assiste a una dispersione
scolastica del 25,5 nel 2012 (era del 21,8 nel 2007), di ben 12 punti
superiore alla media europea. Manca la prospettiva di un futuro, e i
giovani scappano all’estero o “in continente”, cioè nella penisola,
appena possono. Per un’isola che ha solo 1.637.846 abitanti (Istat 2012)
questa fuga rappresenta la prossima desertificazione.
“Noi abbiamo un primato unico al mondo, negativo: su un territorio così grande come è la Sardegna siamo soltanto un milione e seicentomila persone.
Cioè siamo l’equivalente di un quartiere di Roma, di Napoli. Abbiamo la
densità demografica più bassa al mondo. Una densità così bassa esiste
solo al Polo sud, al Polo nord e all’Equatore – spiega ai giornalisti
(video integrale su www.sardegnanotizie.org) Maria Rosaria Randaccio,
fiscalista e infaticabile rappresentante e portavoce del Comitato
promotore della Zona Franca –
E siamo così pochi perché non ci hanno
dato quello che ci spetta: il diritto a vivere, possiamo solo
sopravvivere con le “elemosine”, la cassa integrazione, gli aiuti di
stato, gli aiuti della comunità europea, ma dobbiamo essere sempre servi
di qualcuno. Noi dobbiamo sempre tendere la mano.
Invece con la zona franca non chiederemo più l’elemosina, rivendichiamo
i nostri diritti a esistere, ed essere imprenditori di noi stessi, con
quelle esenzioni fiscali che spettano nel mondo, in Europa, in Italia,
alle zone franche. Come noi rispettiamo le leggi anche lo stato rispetti
i nostri diritti che ci vedono essere zona franca da 64 anni”.
Il diritto a essere zona franca è infatti già presente nell’articolo 12 dello Statuto della Regione Autonoma Sardegna
e non necessita di alcuna modifica. È anche riconosciuto dall’Unione
europea che prevede anche i casi nei quali la zona franca debba essere
concessa. “Nelle norme comunitarie – spiega la leader del comitato, che
insieme a Francesco Scifo è consulente tecnica per il
progetto- si dice che bisogna concedere le zone franche come
compensazione ai problemi che ha quel territorio e l’Unione europea
individua anche quali sono questi disagi che bisogna compensare. Nel
nostro caso questi disagi sono: essere un’isola, essere un’isola ultra
periferica, essere un’isola spopolata, avere un problema grave di
disoccupazione. Questo lo diceva già la Comunità economica europea
all’articolo 92 del trattato di Roma e lo dice tuttora l’Unione europea nel Trattato di Lisbona.
Cioè l’Ue riconosce già alle popolazioni che vivono in territori
disagiati come la Sardegna il diritto ad avere zone franche. Viviamo in
un’economia globalizzata, dobbiamo essere competititivi e produrre dei
prodotti che costino di meno. Ma non potremo mai produrre qualcosa che
costi di meno rispetto a qualunque altra parte del mondo. Il nostro
prodotto costerà sempre di più, perché dobbiamo aggiungere al costo del
prodotto i costi del trasporto e le due giornate di lavoro che noi
perdiamo di viaggio per andare a vendere quel prodotto. Sono costi tali
che noi siamo destinati a scomparire”.
Tutta la Sardegna e tutta l’Italia dovrebbero essere unite in questa battaglia
perché, grazie alla sua collocazione strategica nel Mediterraneo, la
Sardegna potrebbe diventare la zona franca dell’Italia. Con un fisco
vantaggioso sarebbero molte le aziende che invece di delocalizzare
all’estero resterebbero in Italia, creando lavoro e risollevando
l’economia del Paese. In tutto il mondo le zone franche costituiscono un
motore trainante delle rispettive nazioni.
Ma sono in tanti a remare contro e gettare acqua sul fuoco di questo progetto, in primo luogo i rappresentanti del Partito Democratico,
preoccupati, dicono loro, dei costi che questo passaggio potrebbe avere
per gli isolani. Non a caso la legge è passata sì in Consiglio
regionale, ma non con il consenso generale, incassando i voti favorevoli
della maggioranza (41 sì) e l’astensione delle opposizioni
(26). “Questa zona franca non esisterà mai perché non potrà essere
approvata dal parlamento italiano – ha sentenziato in Consiglio
regionale il fondatore di Tiscali, Renato Soru (Pd) –
Le cose che sono scritte sulla legge servono solamente a fare un po’ di
propaganda elettorale nei prossimi mesi, quindi non porteranno a niente.
Anch’io mi iscrivo tra quelli favorevoli alla zona franca, ma non a
tutte le zone franche, e non a questa zona franca. Qui si sta cercando
di portare avanti un’idea di zona franca che può piacere a tanta gente,
ma che non sta in piedi, e cioè un’idea di zona franca che dovranno
pagare gli altri, come accade a Livigno e a Campione. La zona franca la
dovranno pagare i sardi, sia per le minori entrate in Sardegna, sia per
le minori entrate per lo Stato”.
Efisio Arbau del Movimento La Base in Consiglio
regionale ha sostenuto che “La legge è un mostro in tre parti. Due parti
applicabili, sulle quali c’è l’accordo con il governo: taglio delle
tasse dell’articolo 10 di competenza regionale e riscossione sempre
regionale. E uno messo là solo per fare gazzosa: la Sardegna fuori dalla
linea doganale, ma senza accordo per metterlo al voto in parlamento e
quindi chiedere la modifica del codice doganale europeo. La mia
astensione e quella dell’opposizione è stato il segno di un lavoro
condiviso per due terzi e per rispetto dei comitati che sono stati presi
in giro come il sottoscritto. In sintesi: la zona franca immediata non
si farà ed io mi sento sconfitto”.
Il Comitato e i sostenitori della zona franca hanno tirato infatti un
sospiro di sollievo quando è stato approvato un emendamento
all’articolo 1, comma 2, della proposta di legge nazionale n.22, che
evitava una modifica dell’articolo 12 dello Statuto regionale, nel quale
già si sanciva la futura istituzione dei “punti franchi”, di fatto
l’extradoganalità per il codice doganale precedente e attuale. “Abbiamo
scampato un pericolo, ma io mi auguro che questo sia accaduto in buona
fede. Io non voglio credere che abbiamo eletto dei sardi che non
vogliono il bene della Sardegna. Io credo che tutto si basi su un
equivoco – dice Randaccio sul rischio di modifica dell’articolo 12 dello Statuto-
Perché non si conosce che cosa dicono il vecchio e il nuovo codice
doganale. Il codice doganale del 1940 diceva che le zone franche, i
punti franchi, i depositi franchi sono extradoganali.
Anche l’articolo 2 del dpr 43 del 1973, attuale codice doganale, dice
che le zone franche, i punti franchi, i depositi franchi sono extradoganali”. Quindi c’è già tutto, perché apportare cambiamenti e chiedere modifiche che rischiano di cancellare questo diritto?
“A noi sardi non è mai interessato ottenere la modifica dell’articolo 12 del nostro statuto
– spiega Randaccio – in quanto abbiamo sempre ritenuto che eventuali
modifiche del testo storico, se apportate ad arte o in modo maldestro,
come stava per accadere, avrebbero potuto inficiare il diritto del
popolo sardo alla zona franca integrale, compresa la zona franca al
consumo, estesa non solo alla zona franca dei porti ma all’intera isola.
Se fosse passata la modifica dell’articolo 12 del nostro Statuto
presentata in consiglio regionale dall’opposizione, e se
malauguratamente il parlamento italiano l’avesse fatta propria, possiamo
garantire con estrema certezza che il nostro diritto alla zona franca l’avremmo perduto per sempre o quanto meno per altri 64 anni”.
“Noi – aggiunge – abbiamo la legge comunitaria sulle zone
franche che regola tutti gli istituti franchi in Europa. E questa legge
dice che qualunque nome si dia loro, per zone franche si intendono vasti
territori comprensivi di città e villaggi dove gli abitanti non pagano
né dazi doganali né iva, né accise”.
Sono già 283 su 377 i Comuni sardi che hanno deliberato a favore
della zona franca, tra i quali Cagliari, Olbia e Sassari, e che ora si
stanno organizzando per emanare le norme gestionali e operative. Già da
subito quindi, secondo la fiscalista, i commercialisti possono applicare
le disposizioni Ue che regolano le zone franche dell’Europa recepite
nel dpr n.633/72 ed emettere fatture “non soggette ad imposta” iva,
secondo le regole stabilite anche nell’ultima Legge di stabilità. Nei
Comuni che sono zona franca in luogo dell’iva si applicano i “diritti speciali”,
applicati con aliquote dallo Stato sulle varie merci, che costituiranno
maggiori entrate nelle casse comunali per l’offerta di più servizi ai
cittadini.
Quello che noi pensiamo è che la zona franca deve essere estesa all’intera isola. Il parlamento deve prendere atto di questo diritto,
mai fatto valere in 64 anni. Ma i sardi devono essere uniti e compatti
in questa occasione, ne va della loro stessa sopravvivenza. Non è questo
il momento delle divisioni.
O la zona integrale verrà concessa o i sardi se la prenderanno in ogni caso, perché è già nello Statuto.
www. zonedombratv.it/news
Fonte: www.dionidream.com
La sola cosa necessaria affinche' il male trionfi e' che gli uomini buoni non facciano nulla – Edmund Burke
martedì 19 novembre 2013
1 commento:
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Purtroppo la geoingegneria ha fatto progressi. In questi giorni mi sono documentato storicamente delle alluvioni in Sardegna. La zona più esposta ad alluvioni è sempre stata quella intorno a Cagliari, mentre la zona colpita non ha mai subito disastri degni di nota.
RispondiEliminaSaluti a presto.