Nel
suo articolo Ecco la polvere che spia pubblicato sul quotidiano La
Repubblica il 31 ottobre 2002, Federico Rampini descrive la polvere
intelligente o “smart dust” come un pulviscolo composto di miriadi di
microchip.
Il Pentagono la
definisce “La tecnologia strategica dei prossimi anni” (…) Il
pulviscolo intelligente è fatto di miriadi di computer microscopici.
Ognuno misura meno di un millimetro cubo ma incorpora sensori
elettronici, capacità di comunicare via onde radio, software e batterie.
Invisibile e
imprendibile, la polvere di intelligenze artificiali si mimetizza
nell’ambiente e capta calore, suoni, movimenti. Può essere diffusa su
territori immensi e sorvegliarli con una precisione finora sconosciuta.
Sa spiare soldati standogli incollata a loro insaputa, segnala armi
chimiche e nucleari, intercetta comunicazioni, trasmette le sue
informazioni ai satelliti.
Dietro la
polvere intelligente c’è uno dei più potenti motori del progresso
tecnologico americano, la Defense Aduanced Research Projects Agency
(Darpa) che è stata all’origine di innovazioni fondamentali, compreso
Internet. E’ il braccio scientifico del ministero della Difesa (…)
Gli elementi di
base della loro costruzione sono i Merns, micro-elactro-mecanical
systems. Sono micro-computer che integrano capacità di calcolo, parti
meccaniche figlie della nano-robotica, più i sensori elettronici: cioè
termometri, microfoni miniaturizzati, nasi e microspie che captano
movimenti o vibrazioni. (…) I progressi della miniaturizzazione rendono i
micro-apparecchi sempre più affidabili e ne allungano la vita, le
batterie possono alimentarsi con le variazioni di temperatura o le
vibrazioni. (…) “Il risultato finale sono network invisibili
disserninati nell’ambiente – spiega Bruno Sinopoli – che interagiscono
fra loro e trasmettono informazioni”.
(…) Come
sostiene la Darpa la rivoluzione dei microsensori diffusi nell’ambiente
“diventerà la primaria fonte di superiorità nei sistemi di armamento”.
L’obiettivo è dichiarato ufficialmente sul sito Intemet della Darpa
www.darpa.mil, perché per lavorare con gli scienziati di Berkeley anche i
militari devono adottate certe regole di trasparenza. Si tratta di
dispiegare in massa sensori remoti per scopi di ricognizione e
sorveglianza del teatro di battaglia”.
L’informazióne
non è stata divulgata dalla Difesa ma gli scienziati californiani non
hanno dubbi: la polvere intelligente ha già fatto la sua prima
apparizione su un vero campo di battaglia in Afghanistan, dove gli
americani hanno cosparso nubi di smart dust sulle zone più impervie e
montagnose. Il prossimo test potrebbe essere l’Iraq dove in caso di
intervento militare – e anche molto prima-la polvere intelligente verrà
cosparsa dal cielo e finirà mimetizzata nella sabbia del deserto per
monitorare spostamenti di truppe, artiglierie o rampe dei missili Scud.
A questo punto
restano ben pochi dubbi che questa polvere, tanto intelligente quanto
artificiale, e sicuramente non adatta ad entrare in contatto coi sistemi
respiratori degli esseri viventi, sia stata realizzata principalmente
per scopi militari. Anche se alla fine dell’articolo vengono menzionati
gli usi pacifici di tale tecnologia, per costruire una rete di sensori
anti-inquinamento e per la prevenzione degli incendi, per disseminare
sensori interni alle strutture edili che ne percepiscono le lesioni
interne (causate ad esempio dai terremoti), non è detto che queste
finalità pacifiche siano poi realmente innocue.
Infatti si legge nella chiusura dell’articolo che …
Spalmata sui
muri con la vernice, una miriade di micro-computer consentirà di
auto-regolare la temperatura e la luminosità dell’ambiente in modo da
eliminare ogni spreco di energia. Sempre che non finisca per spiare chi
in casa ci abita. A finanziare ricerche sulle applicazioni della smart
dust con i fondi federali non c’è più solo il Pentagono. Ora è sceso in
campo anche un fondo di venture capital che nella Silicon Valley tutti
conoscono bene: si chiama In-Q-Tel ed è una filiale della Cia.
Letto questo
articolo magari qualcuno si chiederà come mai, a sette anni e mezzo di
distanza, nel sito di wikipedia si parli ancora della polvere
intelligente come di un progetto ancora lontano dalla sua possibile
realizzazione pratica. Ma sappiamo bene che wikipedia è uno strumento in
mano alle élite governative, che lo utilizzano per distorcere la
realtà; abbiamo già visto infatti che su tale scandaloso sito vengono
sfacciatamente negate le responsabilità governative negli attentati di
Londra e dell’11 settembre, nonché l’esistenza delle scie chimiche.
Dal momento che
con le scie chimiche vengono diffuse anche queste terribili
nanostrutture sensoriali, come dimostrano gli studi della dottoressa
Staninger, è facile capire perchè ciò che è ormai da tempo una realtà
tecnologica venga ostinatamente considerato inesistente.
La Staninger ha
fa rintracciato nei filamenti estratti dalle ferite dei malati di
Morgellons (del tutto analoghi ai polimeri rilasciati con le scie
chimiche) delle nanostrutture con un segmento d’oro. Sia la nota
tossicologa californiana sia la giornalista indipendente Carolin
Williams Palit hanno correlato la luce ultravioletta alla capacità dei
nanotubi di autoassemblarsi. Alcune delle loro scoperte vengono
confermate da un recente articolo (sulle nanotecnologie per rimuovere
l’inquinamento) comparso su Le scienze ove si legge:
(…) si è
riusciti infatti a mostrare come sottili particelle di metallo e
carbonio possano intrappolare goccioline di petrolio nell’acqua che si
autoassemblano a decine di milioni per formare minuscole sacche
sferiche. Inoltre, gli studiosi hanno trovato che la luce ultravioletta e
i campi magnetici potrebbero essere utilizzati per orientare le
nanoparticelle, determinando un capovolgimento delle sacche e il
rilascio del loro carico, una caratteristica che potrebbe essere utile
anche per la somministrazione di farmaci.
(…) in
principio venivano utilizzati nanotubi di carbonio a cui venivano
collegati corti segmenti di oro. Ma, secondo Ajayan, con l’aggiunta di
vari altri segmenti, di nichel o di altri materiali, i ricercatori
possono creare nanostrutture effettivamente multifunzionali. La tendenza
di questi nanobastoni ad assemblarsi in miscele acqua-olio è dovuta
alla proprietà di avere l’estremo di oro idrofilo e l’estremo in
carbonio idrofobo.
Più avanti
potete leggere la traduzione di un articolo comparso sull’edizione on
line del New York Times ove viene confermato che i progressi nella
miniaturizzazione nanotecnologica permettono alle nanostrutture
sensoriali di ricaricarsi assorbendo energia dalle onde
elettromagnetiche dell’ambiente circostante.
E’ quindi
facile ipotizzare che l’irradiazione costante ed eccessiva di onde
elettromagnetiche (antenne per la telefonia mobile e per i wi-fi, più
altre antenne nascoste dedicate a scopi non certo umanitari) è
funzionale alla diffusione delle scie chimiche. La sinergia tra scie ed
onde elettoromagnetiche è molto probabilmente dedicata ad un sofisticato
progetto di manipolazione delle coscienze e controllo mentale (non si
spiegherebbe altrimenti come 6 miliardi di persone possano permettere
senza protestare che il sole venga cancellato e l’aria ammorbata dai
prodotti chimici dispersi tramite le scie degli aerei) ma forse anche ad
un progetto ancora più nefasto (ed oscuro) di manipolazione genetica
(come dimenticare che le frequenze dei telefonini alterano il DNA?) tesa
a trasformare la razza umana con ibridazioni tecnologiche.
Ovviamente la
notizia che viene diffusa tramite l’articolo de Le Scienze serve anche a
disinformare sulle reali finalità di queste tecnologie militari ed a
fornire una copertura; si potrà sempre attribuire ipocritamente la
scoperta di tali nanostrutture nell’ambiente a delle operazioni di
bonifica, sebbene in realtà la diffusione delle nanotecnologie è un
“rimedio” peggiore del male che si finge di voler combattere.
Anche
l’articolo del NY. Times assolve in parte a queste finalità; se da una
parte in esso si parla della polvere intelligente come di qualcosa di
ancora futuribile, d’altra parte si insiste sulle applicazioni positive
di tali tecnologie, cercando di convincere le persone che la diffusione
di “milioni di milioni” di nanosensori nell’aria che respiriamo possa
portare alla fine un beneficio, e facendoci credere persino che possa
essere normale in futuro trovare sensori negli alimenti che ci informano
quando essi deperiscono.
La realtà è
un’altra, ormai queste odiose nanoparticelle hanno permeato l’aria che
respiriamo, l’acqua che beviamo ed il cibo che ingeriamo, contribuendo
all’aumento di malattie degenerative, croniche e mortali.
Ben sapendo
quello che c’è dietro questa sporca storia, una lettura critica del
seguente articolo risulta molto illuminante; basti tenere presente che
quasi tutto ciò che in tale articolo viene considerato come futuribile o
fattibile in realtà è stato già realizzato, come mostra l’articolo di
F. Rampini risalente a ben sette anni e mezzo addietro.
Fonte: scienzamarcia.blogspot.com - tratto da http://www.nocensura.com/
Visto su: terrarealtime
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